Chi Sono

il ciclopellegrino

Classe ’62, papà di due figli meravigliosi, single di ritorno, sono testardamente convinto di essere un uomo fortunato.

Credo nel processo evolutivo delle persone e del mondo con un principio ordinativo e una direzione finale, a mio avviso teologicamente diretto: insomma credo che Dio sia presente nella mia vita e la cosa non mi infastidisce, anzi, spesso mi ha dato motivo di guardare avanti con gioia e speranza.

Sono figlio di un artigiano veneto con tanta passione per il lavoro e altrettanta sensibilità che mi porta ad apprezzare di più le cose faticose e complicate che le tante possibilità di una vita semplice e in pace con il mondo.

Per questo, forse, ho scelto un lavoro appassionante e difficile: dare una casa e un lavoro a chi non ce l’ha. Prima ero un funzionario commerciale con qualche possibilità di successo, poi sono stato un discreto logista nel settore dei trasporti, e poi ancora un parastatale in un centro di formazione professionale. Nel mentre, attraverso il volontariato che praticavo come normale impegno da buon cristiano, mi sono avvicinato al sociale e alle persone in difficoltà: immigrati, senza dimora, disoccupati di lungo periodo, donne maltrattate e sole, figli abbandonati, e tante altre tipologie purtroppo numerose.

Ad un certo punto mi sono buttato, aiutato da tanti amici, e ho iniziato a lavorare come imprenditore sociale, con due costanti: 1 – il nostro lavoro sociale non risolve i problemi a nessuno, ma può offrire importanti opportunità che le persone, adeguatamente aiutate, possono cogliere per superare la fase difficile della loro vita. 2 – il nostro lavoro deve creare valore e tendere all’auto sostenibilità, altrimenti è una dissipazione di risorse che si aggiunge alla dissipazione della vita che chi è in difficoltà già sopporta.

Questi due confini auto imposti nell’azione sociale non sono sempre facili da difendere: infatti l’assistenzialismo deresponsabilizzante da una parte e la dipendenza totale dalla spesa pubblica che tutto crea e tutto disfa, sono le malattie da cui il sociale dovrà guarire se vuole avere ancora uno spazio nella vita delle nostre città.

Nella difesa del confine dell’auto sostenibilità e della creazione di valore, da tanti anni punto decisamente alla pratica dell’housing sociale come strumento di emancipazione per chi è senza casa ed in particolare mi piace rigenerare immobili che hanno perso negli anni la loro funzione per ridare valore con un nuovo servizio. Così è successo per il nostro progetto: abbiamo preso un ex seminario, l’abbiamo prima abitato e fatto vivere ospitando tante persone e facendone lavorare altre, poi l’abbiamo ripensato in un’ottica di rigenerazione urbana e di sviluppo dei servizi (www.quipadova.com).

Nel 2016 questo progetto, con l’intervento del Fondo Immobiliare etico Veneto Casa, amministrato da Investire sgr, può finalmente partire con l’avvio dei cantieri.

E’ un punto di arrivo di un lungo percorso.

E ad ogni punto di svolta della mia vita professionale e privata mi fermo e parto. Fermo la mia attività ordinaria e cerco spazi di riflessione e di pensiero, cerco punti di vista altri e orizzonti diversi, per ricercare le nuove forme di azione efficaci e sostenibili.

Io conosco un solo modo per fermarmi e partire contemporaneamente: inforcare una bicicletta e pedalare.

Mi metto in viaggio, in sella ad una bicicletta, verso un punto indefinito dell’orizzonte, su strade sconosciute. Proverò lo stesso spaesamento dei tanti che oggi sono costretti ad abbandonare la loro terra per cercare opportunità di vita migliori; così come proverò lo stesso spaesamento dei tanti che hanno perso i riferimenti delle loro sicurezze e della loro vita tranquilla nel paese in cui sono nati.

Un viaggiatore, un pellegrino, capisce che i confini sono convenzioni innaturali per l’uomo, così come capisce e ama le radici di cui ha sempre nostalgia mentre percorre le strade del mondo: questo gli permette di amare l’uomo che cerca, perché lui è prima di tutto un uomo in ricerca. E non è la ricerca di senso o di compiutezza che lo muove, chi si mette in cammino in qualche modo le ha infatti già trovate, ma il desiderio di trovare le forme per mostrare a tutti la bellezza del camminare gli uni incontro agli altri, o almeno, gli uni a fianco agli altri.