Fermarsi o ripartire

11 Settembre 2016

Dopo 9 notti e 8 giorni a Norfolk (Nebraska) sono ripartito finalmente!
Il ragazzo Cliff Cleveland è stato di parola: all’una meno 20 è arrivata DHL con il pezzo, mi ha telefonato come d’accordo, alle due e un quarto stavo uscendo dal suo negozio con la bici a posto (speremo ben!)
Non ha voluto un soldo, abbiamo fatto un selfie, poi mi ha fatto lui una foto con la mia bici caricata delle borse e via. Una gran pacca sulla spalla! Grazie Cliff, puoi attaccare la foto nel tuo negozio se vuoi.

fermarsi o ripartire 3

Devo dirlo: è stato uno stop veramente faticoso.
Mi ha spezzato il ritmo che avevo faticosamente costruito, mi ha obbligato a studiare mille volte le mappe, per scoprire che talvolta, per andare avanti e arrivare in tempo, bisogna cambiare strada, bisogna cambiare mezzo.
Ho provato quella vertigine dell’essere in bilico tra il continuare e il tornare indietro! Che poi, a guardare bene, è il gusto stesso del viaggiare, e se volete anche del vivere: avere la consapevolezza dell’essere sospesi tra il procedere o il tornare indietro, e scegliere! Dio mio, questa è libertà! E non c’è un valore superiore nel procedere, non c’è più merito, non c’è eroismo insomma.
Il valore superiore è la consapevolezza di scegliere, di decidere cosa fare. Poi ognuno in base alle sue forze, alle sue motivazioni, alle sue possibilità, al contesto nel quale si trova, decide se procedere o tornare indietro.
E va bene lo stesso.
Tanto la strada rimane lì, e quando uno vorrà o potrà, la percorrerà.
Io, intanto, proseguo.

Vado a sud-ovest a cercare un treno che mi faccia recuperare i giorni perduti secondo il mio programma. Ma ogni giorno in cui posso scegliere, non è perduto, ho solo corso in un altro modo.

salt lake cityQuest’altro modo è il treno Amtrak da Hastings (Nebraska) a Salt Lake city (Utah). Si chiama California Zephir parte da Chicago alle due del pomeriggio e arriva a Emeryville, baia di San Francisco, alle quattro del pomeriggio di due giorni dopo, 2438 miglia, quasi 4000 km!
Il mio tratto è di 856 miglia, quasi 1400 km, 22 ore di treno dall’una e mezzo di notte alle 23 dello stesso giorno.
Ho fatto i 200 km che separano Norfolk da Hastings a tappe forzate in un giorno e mezzo da quando ho lasciato la bottega di Cliff. Ho piantato la tenda ai lati della strada dove ho visto due megacamper parcheggiati. Al mattino ripartendo ho capito che era il Lookingglass recreation area. Avevo acqua, cibo, spray antizanzare, non mi serviva altro. Prima del buio si è anche fermato un tizio simpatico, sulla settantina, in un pick up rosso senza pretese che, incuriosito dalla bici, mi ha chiesto da dove venivo e dove andavo. Mi ha dato il benvenuto sulla via del West e mi ha raccontato di un tizio che 15 giorni prima si era fermato li facendo il percorso inverso al mio dal pacifico all’atlantico: s-coincidenze.

Volevo arrivare presto in stazione perché dal sito non si capisce se si può portare la bici, così speravo di trovare qualcuno a cui chiedere.
Niente, non c’era nessuno.
Alle 11 e mezza è venuta una signora bianca oversize ad aprire la sala d’aspetto, ma non sapeva niente. Allora ho deciso di rischiare e ho comprato il biglietto online, perché anche la biglietteria non apriva, e mi sono rimesso ad aspettare. Verso l’una ha cominciato ad arrivare qualche altro passeggero, ma non sapevano niente di biciclette.
Arriva infine il treno, scendono quelli arrivati e il capotreno, sceso per primo, apre il cancello che dà sui binari e si mette a controllare i biglietti: io mi ero messo in fondo alla pur esigua coda (7 persone e una bici) e quando mi vede, scuote la testa, il treno non è attrezzato per le bici. Devo aver fatto la faccia disperata di quando alla fine del mese, alla cassa del supermercato, dodici persone dietro di te, un bambino che piange, 7 borse già caricate sul carrello e il bancomat dice “esauriti i fondi”!
Volevo dire ti prego, I pray you, ma deve aver capito I’ll pray for you, come se fossi un santone di qualche religione, perché si è girato e boffonchiando qualcosa, mi ha aiutato a caricarla e sistemarla in una specie di scompartimento riservato al personale del treno.

La mia faccia felice deve averlo ripagato dello strappo alla regola, perché poi, tutto gentile, mi ha raccomandato di ricordarmi di chiederla indietro quando arrivo a Salt Lake City.
“Anche questa è andata”, pensavo euforico fra me e me, mentre mi sistemavo negli enormi sedili di questo magnifico treno.
Mi sono svegliato al mattino a Denver (Colorado), lasciando il Nebraska di notte, in silenzio, senza salutare, come fanno gli amanti infelici, cioè quelli che credono di amarsi!
Quando non pisolo con la testa ciondolante, vedo quei panorami stupendi che avevo visto solo nei western in cinemascope così frequenti nelle sale parrocchiali della mia infanzia. I colori, i giochi di luce, gli spazi che sembrano infiniti, le ere geologiche che vorresti contare sugli strati della roccia rossa o rosa, le rare case, gli allevamenti, le rare persone, che salutano tutte il treno che passa: è un quadro vivo, dove l’armonia ti prende e ti avvolge, e ti senti di esserne parte.

sul treno 1

Naturalmente all’arrivo mi sono ricordato di chiedere se posso riprendere la bici.
Ero stanco morto, mancava poco a mezzanotte quando sono uscito dalla stazione e avevo in programma di trovare un posto tranquillo in uno dei tanti parchi cittadini, per infilarmi nel mio sacco a pelo, per ripartire la mattino. Salt Lake City è una bella città, pulita, ordinata, tante bike lane sulle strade e tanti parchi e palazzi ben tenuti. Ma ogni volta che individuavo un posto adatto, quando mi avvicinavo lo trovavo occupato: non ho mai visto così tanta gente dormire per strada! Molti erano male in arnese e preferivo accelerare con la bici quando capivo la situazione, altri erano solo bevuti troppo per stare in piedi. Insomma ho dovuto fare un bel po’ di strada per trovare alla fine un piccolo parco fuori città con la sua bella tettoia per le feste sotto cui mi sono piazzato.

salt lake city 3

Alle prime luci dell’alba il freddo mi ha svegliato e sono ripartito in tempo per sorprendere il sole fare capolino dalla cresta delle montagne che circondano la città. Ho corso tutto il giorno, ho forato sia quella davanti che quella dietro, e facevo i conti che ormai mancano solo venti giorni all’aereo che mi aspetta a San Francisco. Ho ancora quasi 1700 km da fare, attraversando Utah, Idaho, Oregon e California.
Mi sento in forma, prima di forare ero quasi spavaldo nel considerarmi capace di arrivare. Poi pedalando sotto il sole in questa splendida piana del grande lago salato, ho riconsiderato i fondamentali: è la strada che lascia arrivare chi la percorre, io devo solo fare la mia parte, pedalare (e sorridere).

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